Il Decamerone by Giovanni Boccaccio

Il Decamerone by Giovanni Boccaccio

autore:Giovanni Boccaccio [Boccaccio, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2012-04-29T11:23:36+00:00


e quanto fosse grande il tuo valore,

il bel viso di lei mi fè palese;

il quale immaginando,

mi sentii gir legando

ogni virtù e sottoporla a lei,

fatta nuova cagion de’sospir miei.

Così de’tuoi adunque divenuto

son, signor caro, e ubbidiente aspetto

dal tuo poter merzede;

ma non so ben se ‘ntero è conosciuto

l’alto disio che messo m’hai nel petto,

né la mia intera fede,

da costei che possiede

sì la mia mente, che io non torrei

pace, fuor che da essa, né vorrei.

Per ch’io ti priego, dolce signor mio,

che gliel dimostri, e faccile sentire

alquanto del tuo foco

in servigio di me, ché vedi ch’io

già mi consumo amando, e nel martire

mi sfaccio a poco a poco;

e poi, quando fia loco,

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me raccomanda a lei, come tu dei,

ché teco a farlo volentier verrei.

Da poi che Dioneo, tacendo, mostrò la sua canzone esser finita, fece la reina assai dell’altre dire, avendo nondimeno commendata molto quella di Dioneo. Ma, poi che alquanto della notte fu trapassata, e la reina sentendo già il caldo del dì esser vinto dalla freschezza della notte, comandò che ciascuno infino al dì seguente a suo piacere s’andasse a riposare.

Finisce la quinta giornata del Decameron

Incomincia la sesta giornata nella quale sotto il reggimento d’Elissa, si ragiona di chi con alcuno leggiadro motto, tentato, si riscosse, o con pronta risposta o avvedimento fuggì perdita o pericolo o scorno Giornata sesta - Introduzione (Torna all’indice)

Aveva la luna, essendo nel mezzo del cielo, perduti i raggi suoi, e già, per la nuova luce vegnente, ogni parte del nostro mondo era chiara, quando la reina levatasi, fatta la sua compagnia chiamare, alquanto con lento passo dal bel palagio, su per la rugiada spaziandosi, s’allontanarono, d’una e d’altra cosa vari ragionamenti tenendo, e della più bellezza e della meno delle raccontate novelle disputando, e ancora de’vari casi recitati in quelle rinnovando le risa infino a tanto che, già più alzandosi il sole e cominciandosi a riscaldare, a tutti parve di dover verso casa tornare; per che, voltati i passi, là se ne vennero.

E quivi, essendo già le tavole messe, e ogni cosa d’erbucce odorose e di be’fiori seminata, avanti che il caldo surgesse più, per comandamento della reina si misero a mangiare. E questo con festa fornito, avanti che altro facessero, alquante canzonette belle e leggiadre cantate, chi andò a dormire e chi a giucare a scacchi e chi a tavole. E Dioneo insieme con Lauretta di Troiolo e di Criseida cominciarono a cantare.

E già l’ora venuta del dovere a concistoro tornare, fatti tutti dalla reina chiamare, come usati erano, dintorno alla fonte si posero a sedere. E volendo già la reina comandare la prima novella, avvenne cosa che ancora addivenuta non v’era, cioè che per la reina e per tutti fu un gran romore udito, che per le fanti e famigliari si faceva in cucina. Laonde, fatto chiamare il siniscalco, e domandato qual gridasse e qual fosse del romore la cagione, rispose che il romore era tra Licisca e Tindaro; ma la cagione egli non Generated by ABC Amber LIT Converter, http://www.



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